La "Coppa Montenero" è una storica
corsa automobilistica in circuito che si disputa a Livorno fino dagli
anni'20 del novecento a metà estate, e divenne famosa negli anni'30 tra i
Prix Internazionali rappresentando per due volte ufficialmente il "Gran
Premio d'Italia".
Il circuito con partenza dalla rotonda di Ardenza traversava il
centro della città di Livorno e saliva per il colle di Montenero
scalando il Castellaccio, e tra la macchia scendeva sul Romito
immettendosi nell'Aurelia a Castel Sonnino in un saliscendi lungocosta
che passava da Calafuria e Castel Boccale, poi percorreva il rettifilo a
sud di Antignano e tornava ad Ardenza dove era l'arrivo dopo aver
compiuto una percorso di circa 20 Km.
Il tortuoso percorso ripetuto per vari giri era estenuante;
tormentato da oltre 100 curve, in salita misto veloci e lente a
tornanti, ed in discesa velocissime, in rapida sequenza, a slaloom, a
raggio variabile e prive di protezioni da alberi e precipizi, taluni a
picco sul mare.
I piloti si stremavano in frenetici cambi di marcia, usurando freni e
gomme, impegnando a fondo le monoposto da corsa, specie le pià pesanti e
poderose, che nei lunghi rettilinei ai lati di Antignano si lanciavano a
velocità impressionanti tra i pali e la rete aerea dei filobus.
Il "Circuito di Montenero"duro banco di prova per uomini e macchine,
ricorda la conformazione del Nurburing in Germania, ma ha il fascino di
essere incorniciato dal Mar Tirreno visibile da ogni parte del
tracciato di gara, che saliva fino a 300 mt. di altezza al Valico del
Castellaccio, che separa il versante nord con la splendida veduta
panoramica di Livorno fino a Pisa, dal versante sud si allunga la vista
fino all'Isola d'Elba ein giornate speciali si intravede la Corsica.
Apprezzato dagli squadroni tedeschi delle Mercedes 16 cilindri e
delle strapotenti Auto Union a motore posteriore, era teatro di epici
duelli con i ruggenti e agili bolidi rossi delle Alfa Romeo e delle
Maserati, nei tempi in cui la Ferrari era ancora nei sogni dell'ingegner
Enzo.
Erano sfide leggendarie di corridori del passato, tra i famosi
rivali ed amici italiani Nuvolari e Varzi e gli assi germanici
Caracciola e Rosemeyer, che a bordo di argentei e sibilanti "mostri" da 6
litri, con oltre 500 hp. raggiungevano velocità intorno ai 300 Kmh.
Titolato "Coppa Ciano" per il livornese medaglia d'oro con
D'Annunzio, attirava migliaia di presenze, sportivi assiepati lungo il
percorso, equipe di varie nazioni, staff di tecnici e meccanici,
cronisti, ed i più amati piloti dell'epoca che simpatizzavano con il
pubblico come il grande Tazio Nuvolari, amante di Livorno e vincitore di
5 coppe, ricordato dagli appassionati in un tornante del Castellaccio
detto "curva Nuvolari", primo pilota ad intraversare il bolide prima
delle curve derappando su 4 ruote!
Il circuito affascinava le folle e la "Montenero" era un grande
evento, tecnico e sportivo eccezionale, irripetibile ai nostri tempi, su
una fantastica pista ricavata tra mare e monti e che replicata nel
tempo fu per due edizioni nel 1932 e nel 1934 il "Gran Premio d'Italia".
Adesso per gli "amatori" si ripetono gare organizzate che però non
hanno senso competitivo rispetto alle "Formula" alle quali adesso siamo
abituati.
Alla curva Nuvolari, ogni domenica mattina si ritrovano vari
"ferraristi" per un aperitivo, per uno spuntino, per un incontro fra
"vecchi leoni"
Il percorso sul mare è il medesimo che nel film "Il Sorpasso" con
Vittorio Gassmann scritto da Risi con Ettore Scola e Ruggero Maccari che
in uno spaccato di vita italiana degli anni del boom economico, visto
tramite la figura di un uomo istrionico, irresponsabile.
Bruno Cortona, il personaggio di Gassmann, viaggia per le strade di
Roma con la sua potente Lancia Aurelia Sport. Casualmente, Bruno
incontra Roberto ( Trintignant) , uno studente universitario. Bruno, che
trascorre le sue giornate tra un espediente e una corsa in macchina, è
separato dalla moglie ed ha una figlia (Catherine Spaak).
Roberto, invece, è un giovane timido ed impacciato, affascinato
dalla vita libera e spensierata condotta da Bruno e accetta di
trascorrere la giornata con Bruno, che si prodiga in consigli di vita
vissuta. I due passano da una tappa all'altra: un tabaccaio, un
ristorante e finiscono per arrivare a Castiglioncello. L'indomani si
vorrebbero recare a Viareggio. Il viaggio però finisce tragicamente,
Bruno si lancia per strada a tutta velocità ma la macchina sbanda in una
curva proprio sul Romito e Roberto rimane ucciso.
Simbolo di una generazione di gaudenti italiani in pieno boom
economico la lancia Aurelia B24. Bruno Cortona fa diventare mito una
vettura.
Nel 1955 la Lancia Aurelia B24 costa 2.822.000 lire.
Della prima serie ne vengono costruiti solo 240 esemplari, di cui 59 con guida a destra.
Nel 1956 (dal numero di telaio 1182) è la volta della versione più
evoluta, la Convertibile Aurelia Gt 2500 America. Più comoda ma anche
meno potente.
In totale, fino al 1958 furono costruite 521 esemplari di Convertibile.
Nel 1957 avere una B24 costava 2.922.000 lire.
Ed è forse questo il modello più popolare, merito anche del film. Il
successo cinematografico elegge l’Aurelia “decappottabile e
supercompressa”, come la definisce nel film Bruno Cortona - Vittorio
Gassman, a emblema di quegli anni segnati dal mito della fuoriserie.
Interessante il fatto che 16 anni dopo, ancora Dino Risi, per
raccontare con “Primo amore” il personaggio di un attore in pensione
(Ugo Tognazzi) in cerca della sua giovinezza, ricorre nuovamente alla
vecchia, cara, Convertibile.
Tornando al Sorpasso, contrariamente a quanto farebbe intendere
l’epilogo tragico, l’automobile finita nel burrone di Calafuria, non era
la Lancia ’Aurelia vista nelle scene, ma la sua “controfigura”, una
Siata 1400 Cabriolet. In realtà, complice il bianco e nero della
pellicola, nemmeno la B24 era sempre la stessa: per gli esterni se ne
utilizza una celeste , mentre per le riprese in studio, un’altra color
verde acqua. Entrambe sono ora di proprietà di privati.